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Voix Africaine

Le Griot des Etats Unis d'Afrique

Contributo:Diversità?...Una questione di cultura(e)!

 
CONTRIBUTO: Diversità?...
Una questione di cultura(e)!
  
 
Asserire e controllare la diversità delle culture, più che un progetto, è un imperativo pressante. Il concetto di diversità contiene i valori della nostra civiltà, le nostre sensazioni e visioni di africani che vanno imposti in un mondo in cui nulla si dà o si accetta facilmente. Il nostro continente ha più che mai urgenza di unirsi e, ovviamente, ha bisogno di leaders che siano abbastanza accorti da rendere questa diversità un « emergenza ». Certo, l’Africa è una provincia del mondo, ma ha il dovere di non perdere la sua anima. Questa è una visione che moltissimi di noi potrebbero condividere con i Padri fondatori del Panafricanismo, e con quei contemporanei essenziali che sono e resteranno i vari Abdoulaye Wade, Obasanjo, Bouteflika, Tabo Mbéki,…
Chi, allora, potrebbe mai rimproverarci di volere e di dover convertire il NEPAD in viatico e pergamena? Gli attori culturali che siamo devono anche considerare di essere ormai parte integrante e impegnata di questo concetto; esprimere –ciascuno nell’ambito in cui eccelle– il fascino e la fierezza di essere (Pan)africano e contribuire a convertire in destino tutti i (grandi) cantieri che, di fronte ai posteri e alla storia, saranno i testimoni della fecondità, della nostra vita. Noi sentiamo e pensiamo che ci siano pericoli che minacciano, ogni giorno, la nostra cultura e la nostra civiltà, la creatività degli scrittori e degli artisti, la serenità degli imprenditori culturali; che questo non è dovuto solo a norme mercantili triviali, ma anche all’inaridimento, alla frammentazione, alla ristrettezza di vedute dell’uomo, alla sua chiusura mentale. Ora, oggi, e per sempre! Una nuova rinascita è possibile, ma deve essere effettuata ritornando alla fonte della nostra integrazione con l’altro.
Léopold Sedar Senghor e Abdoulaye Wade l’hanno ben capito e l’hanno scritto, rispettivamente in « l’apporto dell’uomo d’Africa » al mondo, e in « un destino per l’Africa ».
Tocca a noi, allora, farci loro soldati e volgarizzare le loro visioni! La rinascita dell’Africa di cui si parla e si parlerà ancora a lungo passa per il ritrovamento della nostra identità nazionale e per la difesa e l’illustrazione—realisticamente– della nostra panafricanità. Ciò, tuttavia, non potrà compiersi senza un’apertura alle culture asiatiche, amerindie e a tutte le culture del mondo che hanno ori tesori da offrirci.
Ogni essere umano, in ogni momento della sua esistenza, ha qualcosa da donare agli altri e altrettanto da ricevere. Ma servono intermediari per avvicinarli e riunirli; per creare coerenza fra i sentimenti e le parole che li esprimono e li determinano. Un tempo l’insegnante poteva essere anche « lo scrittore pubblico del villaggio », ma non veniva considerato come membro di una corporazione, bensì la figura di punta di una grande avventura, non solo comunitaria ma umanista: trasmettere dei saperi, inculcare valori e informare di stati di fatto. Oggi, la grande avventura è la richerca di un rispetto reciproco capace di obbligare ciascuno di noi (scrittore o artista) da quallunque latitudine provenga o a qualsiasi religione appartenga, di qualsiasi ideologia o « genere », a conversare alla pari; al dilà del piacere, il dovere di scambio con altri ci insegna ciòche nessun libro potrà mai contenere: come essere sensibile a chi non è me stesso?
Si dice che le leggi non funzionano se le mentalità non cambiano. Le leggi non possono cambiare le mentalità, neppure le tecnologie, per quanto innovatrici. Ma il dialogo sì! Senza dialogo, non c’è speranza che degli individui, diversi, arrivino a rispettarsi a vicenda. Solo quando l’uguaglianza è stabilita (nella vita privata) essa può essere estesa (alla vita pubblica). Così, il dialogo delle civiltà e delle culture è, più che mai, al centro stesso della vita. E questa evidenza che avrebbe reso indispensabile l’obbligo di una riunione fra Islam e Cristianità in Senegal anche se, nel nostro paese, questa non è né in’idea nuova né un pio proposito ma una realtà che dura da almeno mille anni. Promuovere la diversità culturale?
E se, come diceva nel 1995 il defunto Papa Giovanni Paolo II, si trattasse di costruire una vera « civiltà dell’Amore »?
Bisognerebbe allora, senza indugi, convertire il Senegal alla permanenza universale della confraternita umana!
 
Elie Charles MOREAU
Scrittore Editore
 
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